La voce contro il tempo e l’oblio: Conversazione con Elizabeth Hertzberg

por | Dic 11, 2021 | 0 Comentarios

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Qualche anno fa mi sono seduta in Babelplatz – una piazza molto centrale di Berlino tra la cattedrale cattolica e l’Università Humboldt, famosa perché durante l’epoca nazionalsocialista vi furono bruciati libri inappropriati – e con una birra in mano ho guardato su uno schermo gigante il Tristano e Isotta di Wagner. Di solito una volta all’anno l’Opera di Berlino (Staatsoper) organizza un evento gratuito all’aperto sotto il motto “Staatsoper für alle” (opera per tutti). In questo modo, l’opera può raggiungere diverse generazioni e anche il passante occasionale.

Anche se si potrebbe pensare che l’opera sia per pochi, soprattutto se segue parametri più tradizionali come in Italia, è anche vero che alcuni altri luoghi sono aperti a nuove interpretazioni e innovazioni, come nel caso di Berlino, Budapest e gli Stati Uniti, dove non ci sono remore a presentare un’opera su uno schermo gigante in uno stadio di baseball. Ricordo persino una rappresentazione di Don Giovanni della Staatsoper di Berlino in cui i costumi storici furono lasciati da parte per renderla più contemporanea. Eppure il grido del Commendatore risuonava nella sala. Da un lato, l’opera potrebbe diventare più democratica, senza perdere qualità e tradizione, nel tentativo di interessare sempre più persone.

Proprio su questo punto è iniziata la mia conversazione con Elizabeth Hertzberg, una giovane soprano californiana che vive a Milano da dieci anni. Elizabeth ha studiato al Conservatorio di San Francisco, ha ottenuto una borsa di studio dalla Fondazione Avanti e ha anche partecipato e vinto diversi concorsi di canto. Le sue interpretazioni sono varie, da Ameniade (Tancredi), Ilia (Alcina), Rosina (Il barbiere di Siviglia), Zerlina (Don Giovanni), Frasquita (Carmen), Valencienne (La vedova allegra), Lucy (The Telephone), Lisa (Das Land des Lächelns) alla musica da camera e molte altre.

La Hertzberg ha studiato un master in interpretazione e tecnica vocale al conservatorio di Modena, dove ha incontrato la famosa soprano bulgara Raina Kabaivanska, che è stata anche sua insegnante e con la quale ha registrato un album. L’Orchestra Filarmonica Italiana, la Kabaivanska e la Brilliant Classics si riunirono al Teatro Comunale della città di Modena per eseguire l’opera Telephone di Menotti. Elizabeth aveva il ruolo di Lucy; e confessa che è stata una grande esperienza e che è stata una grande impressione trovare il disco alla Feltrinelli, una delle librerie più importanti d’Italia. Per Elizabeth fu una grande soddisfazione e sorpresa, quando un anno dopo aver registrato il disco, lo ha trovato nella sezione musica della Feltrinelli e ha pensato che qualcuno avrebbe voluto comprarlo e ascoltare la sua voce. In questo settore si lavora su un progetto, e quando un progetto si conclude con successo dà un certo senso alla vita.

La voce di Elizabeth Hertzberg è stata ascoltata da migliaia di persone alla Carnegie Hall, al teatro dell’opera di Sofia (Bulgaria), nei teatri di Parma, Modena, nelle chiese e nelle sale storiche di varie città europee. Secondo le sue stesse parole, essere una cantante significa portare la musica in tutti gli angoli del mondo. E così, la sua voce diventa lo strumento contro il tempo e l’oblio.

Elizabeth Hertzberg, Kennedy Center Opera House.

La ringrazio per aver trovato tempo per questa intervista, tra le continue prove, impegni e concerti. Lei vive da diversi anni in Italia, dove c’è una grande tradizione lirica, quali differenze trova con le produzioni in altri paesi?

In ogni grande e piccola città italiana c’è un teatro dove ci sono regolarmente produzioni di Puccini, Verdi e anche Mozart. Si può dire che l’Italia, essendo la fondatrice dell’opera, è più tradizionale, rispetto ad altri posti come Berlino e Budapest. Le produzioni di compositori contemporanei non sono comuni, perché hanno già Puccini, che è un grande. A volte sembra che l’opera sia bloccata in Tosca, Le nozze di Figaro e Don Giovanni. Mentre in altri posti c’è più sperimentazione e più apertura, per esempio al Metropolitan Opera c’è una produzione, Euridyce, che riprende il mito di Orfeo e il salvataggio di Euridice dagli inferi, ma dalla sua prospettiva. Il libretto è di Sarah Ruhl e la musica è di un giovanissimo compositore americano, Matthew Aucoin. Ha solo 31 anni e ha già messo in scena un’opera nella Met. È importante continuare con la tradizione delle grande opere, che hanno il potere di muovere la nostra profondità, ma è anche ugualmente importante lasciare uno spazio con la finalità di che le nuove proposte possono essere sentite. Queste nuove opere possono diventare le prossime grande opere.

Mamma mia veramente è giovanissimo. Qualche anno fa ho assistito a una rappresentazione di Don Giovanni, dell’Opera di Berlino e sono rimasta sorpresa dal fatto che, sebbene si trattasse dello stesso libretto e della stessa musica di Mozart, si erano presi alcune libertà interpretative, soprattutto nei costumi, che erano contemporanei e lasciavano fuori l’atmosfera del periodo. Credo che questo e i programmi dell’opera all’aperto aiutino molto a rinnovare il pubblico. Oltre al fatto che i biglietti non sono inaccessibili.

Il momento storico dell’opera è qualcosa d’importante per capire il tempo e la visione del mondo del compositore, ma è anche bene avere una mente aperta a nuove interpretazioni. In America succede qualcosa di simile, per esempio quando un’opera viene eseguita in uno stadio di baseball. È qualcosa di necessario perché quest’arte sopravviva, per portare molte persone a vivere un’esperienza che tocchi il loro cuore. Altrimenti, la cultura dell’opera potrebbe morire.

Bist du bei mir, J. S. Bach

È vero, in un certo senso l’opera cessa di essere per un gruppo dell’élite culturale per poter raggiungere molti e  far apprezzare la bellezza, senza diminuire la qualità. Avvicinare l’alta cultura alla cultura di massa è senza dubbio un passo importante per mantenere la tradizione. In un’occasione a Milano, ho pesato illusoriamente di poter comprare un biglietto per la Scala, ma erano esauriti e un po’ cari per il budget da studente che avevo. Per non parlare del prezzo.

Purtroppo non è così facile entrare alla Scala, acquisire un biglietto essendo uno studente o un giovane è complicato. Perché anche se c’è un certo numero di biglietti che lasciano per l’ultimo minuto, bisogna andare all’ufficio per registrarsi e tenere d’occhio tutto il giorno per vedere se ci sono dei biglietti rimasti. Chi può tenere d’occhio tutto il giorno? Anche se tu volessi andare, se non hai i soldi, non puoi permetterti di perdere la giornata lavorativa. Questo limita davvero il pubblico. Idealmente sarebbe più facile, ma siamo a Milano e il galateo funziona così. In un’occasione, un ragazzo è arrivato in ritardo e sudato perché, anche se aveva il biglietto, non lo facevano entrare all’ingresso perché indossava i jeans. Così è dovuto correre da H&M per comprare un paio di pantaloni più formali e tornare indietro.

Su una nota più personale, com’è nato il suo interesse per l’opera e la sua vocazione di cantante?

Da quando avevo sei anni, ho iniziato a suonare il pianoforte. Avevo già allora un interesse per la musica, ma non avevo ancora scoperto la voce. Quando avevo dieci anni, i miei genitori comprarono un CD con diverse versioni dell’Ave Maria di Schubert, e quando lo ascoltai, provai a imitarlo cantando e mi resi conto che potevo raggiungere i toni. Fu così che scoprii la mia voce. Poco dopo una zia, che amava l’opera, mi fece vedere l’opera La Traviata e non avevo mai visto niente di così bello. Pensai che fosse un sogno e che quello era il mondo in cui volevo vivere. La musica mi ha sedotto.

Fin da quando eri bambina. L’opera è di solito in italiano, tedesco e francese. Quante lingue bisogna imparare o basta memorizzare il libretto?

Un cantante ha una formazione molto completa, soprattutto se sei americano, perché l’opera non è nostra, come lo è per gli europei. In Spagna c’è la zarzuela, l’Italia e la Germania hanno una tradizione di opera e di musica da camera ed è per questo che la maggior parte della musica classica è in quelle lingue. Al conservatorio si studiano queste lingue, anche se questo non significa che le parli come se le avessi imparate vivendo lì. Quando ci si prepara, si studia il testo, lo traduco, capisco il significato del testo e quindi lo posso esprimere. Inoltre, i musicisti hanno un buon orecchio, quindi possiamo imitare gli accenti.

The Telephone, Menotti.

Tu hai un ottimo orecchio e la capacità di imitare; mi piacerebbe anche a me averlo, io vorrei migliorare il mio accento. Hai una formazione molto completa, ma ti stai ancora allenando, come combini la formazione e i concerti con la maternità?

Solo una parola: i nonni. Senza aiuto non si può fare nulla. Fortunatamente mia madre ha potuto passare molto tempo con noi. Naturalmente anche mia suocera ci aiuta. E ora mio padre sta passando un po’ di tempo qui. Poi mia madre verrà per la prossima stagione concertistica.

I nonni sono una parte fondamentale della genitorialità. Cambiando un po’ argomento, quale personaggio ti piacerebbe interpretare o quale di quelli che hai interpretato è il tuo preferito e perché?

Che domanda difficile, perché non è che ho un personaggio preferito. Mi piace scoprire sempre nuova musica, non solo l’opera, ma anche la musica da camera come Bach. Mi innamoro dei pezzi che studio in quel momento. Per esempio, in questo momento sto studiando Lulu di Berg, che è un’opera molto difficile. Berg era un compositore austriaco, nel 1935, fu studiante di Schoenberg. In questo momento Lulu e la sua aria è quella che mi ha rubato la mente. In realtà ho trovato online il primo e il secondo atto, ma il terzo mancava e si poteva ordinare a prezzi esorbitanti. Qualche giorno fa ero a Budapest e uscendo dal concerto ho trovato una libreria di musica usata. E lì, ad aspettarmi, ho trovato il terzo atto. Avevo bisogno del terzo atto per capire meglio Lulu. Per fortuna mi stava aspettando; sapete, sono queste le cose belle della vita, quei piccoli regali che ci aspettano e ci sorprendono.

Elizabeth Hertzberg nella Sofia Opera and Ballet.

Il terzo atto era per te; ti aspettava dove meno te lo aspettavi. Hai questo processo di innamoramento del pezzo e poi come ti prepari ad eseguirlo?

Il momento culminante è il concerto, e naturalmente è molto bello, ma la mia parte preferita è il lavoro precedente per raggiungere l’interpretazione. Il lavoro che si fa con i musicisti è molto importante, perché insieme si scoprono molte cose e sfumature. Poi si può sperimentare la bellezza della musica. Cantare è qualcosa di molto speciale, molto intimo, perché la voce è uno strumento e il tuo corpo allo stesso tempo. Ascolti il tuo timbro e la tua risonanza e interpreti. Impari dai compositori, li leggi e tutto è molto poetico. Più vai in profondità con il testo e più capisci le cose e così hai la tua esperienza musicale. E poi trasmetti questa esperienza al pubblico.

A proposito di questa esperienza, può essere molto commovente. A volte è molto visibile che un cantante sia commosso, ma la voce non vacilla e continua a cantare. Come puoi cantare se sei commossa?

Quando si canta in pubblico, in un concerto, bisogna avere la forza mentale di controllarsi. L’auto-movimento è un atto egoista, perché hai già vissuto quell’esperienza, e nel momento del concerto si tratta di dare. Mi è capitato nella pratica di commuovermi; l’altro giorno stavo provando il Sommerabend e altri pezzi di Aldo Finzi e Castelnuovo-Tedesco. Ho sentito l’atmosfera estiva, i grilli, il fiume e improvvisamente mi sono commossa, perché ho pensato: che bello che sia così che mantengono in vita queste persone. Continuiamo a ricordarli e mantenendo viva la loro musica, combattiamo contro il tempo e l’oblio. Spero di rendere giustizia a ciò che hanno scritto. Perché la voce è il cuore e lo strumento che riesce a comunicare tempi passati, sentimenti e vita.

Andrea Fajardo

Andrea Fajardo

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